martedì 16 febbraio 2010

Tatiana A. OSTAKHOVA, «Abbiamo visto Messina ardere come una fiaccola». I marinai russi raccontano il terremoto del 28 dicembre 1908, nota conclusiva

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Elisa COSTA, 1145-1318. La Militia Christi in Sicilia: il caso templare, introduzione di Franco CARDINI, nota conclusiva di Luciano CATALIOTO, Edizion

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"Giornata in memoria di Enrico Pispisa", di Ferdinando Zamblera

Venerdì 4 dicembre 2009 si è svolta a Messina, presso l’Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia, la Giornata in memoria di Enrico Pispisa. Nel discorso di apertura il Preside della Facoltà,Vincenzo Fera, ha chiarito le ragioni della scelta del tema di questa giornata asserendo con orgoglio centralità e valore scientifico della ricerca condotta dall’insigne studioso messinese nell’ambito della Storia Medievale.

I brevi interventi introduttivi del Direttore del Dipartimento di studi tardoantichi, medievali e umanistici, Giulia Sfameni Gasparro, di Gianvito Resta e Girolamo Cotroneo hanno ricordato con profonda ammirazione e commozione il collega e l’amico Enrico Pispisa .

Con Ricordo di Enrico Pispisa, Massimo Miglio (Presidente dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo) ne ha evidenziato la scrittura storica aggiornata ed elegante, frutto di «quella mente sgombra» su cui tanto insisteva Pispisa. Ciò ha permesso la produzione di nuove riflessioni intorno a Federico II e al suo rapporto col Regnum, la rivalutazione della figura e del progetto politico di re Manfredi.

L’intervento di Salvatore Tramontana, Enrico Pispisa: la sua vita con la storia, ha ripercorso la formazione storica di Pispisa, marcatamente impregnata di letture crociane e di autori quali (tra gli altri) Giorgio Falco. Questi autori offrirono spunti metodologici che consentirono alla ricerca prevalentemente filologica ed erudita di Pispisa (documentata nei suoi primi lavori), di affiancare nuovi strumenti d’indagine finalizzati, attraverso la rilettura di cronisti e testi letterari, a ricostruire coscienza e consapevolezza che gli uomini del Medioevo avevano del loro presente. Dalle grandi monografie ai piccoli contributi, la produzione di Pispisa è esemplare anche sotto il profilo importantissimo della capacità comunicativa: lo storico accorto non scrive per se stesso, ma per gli altri. Tramontana traccia così, attraverso disamina e commento dei suoi lavori, una vera e propria «biografia culturale» del medievista.

L’ultima relazione della mattinata ha visto impegnato Pasquale Corsi sul tema Da Siponto a Manfredonia: una questione ancora aperta, nella quale il relatore propone una interessante riflessione critica sui propositi che spinsero re Manfredi a rifondare la città di Siponto in altro luogo della Capitanata, ribattezzandola Manfredonia. Nonostante l’impegno di ricerca su questo importante snodo adriatico si trovi ancora in una posizione di stallo, Corsi ha intuito che importanti indizi potrebbero derivare non soltanto dal possibile incrocio delle testimonianze documentarie d’età sveva con quelle più tarde d’età angioina, ma anche attraverso una più stretta collaborazione interdisciplinare, mediante il confronto con i risultati ottenuti dalle campagne archeologiche da poco avviate sul sito dell’antica Siponto e dell’area marittima circostante.

I lavori del pomeriggio sono stati dedicati interamente alle relazioni degli allievi di Pispisa.

Luciano Catalioto, in Bartolomeo Varelli de Lentino: un vescovo ribelle tra Svevi e Angioini, ha presentato un lavoro frutto di una meticolosa ricerca su fonti archivistiche inedite relative alla complessa vicenda del vescovo di Lipari-Patti Bartolomeo Varelli de Lentino, svoltasi nel trentennio in cui la Sicilia fu al centro della disputa dinastica svevo-angioina prima e angioino-aragonese poi. Giochi di forza tra Monarchia sveva e Santa Sede, ingerenze dell’arcivescovato messinese, angherie di nobili locali, tendenze autonomistiche della Civitas Pactarum, fino alle relazioni diplomatiche dello stesso vescovo con la Corte regia angioina fanno da sfondo all’energica opera di revisione patrimoniale e recupero di pertinenze e privilegia del vescovo Varelli.

Con la relazione dal titolo Nuove suggestioni da una vexata quaestio: ancora una biografia di Ruggero II?, Francesco Paolo Tocco propone, attraverso un attento riesame dei principali studi incentrati sulla figura del primo re di Sicilia, nuove e suggestive prospettive d’indagine. Passando in rassegna (solo per citarne alcuni) l’idea di modernità del regno di Ruggero II proposta da Caspar (1904), lo studio di Rizzitano (1973) che presenta – in controtendenza con l’Europa medievale del tempo – un monarca tutt’altro che ostile verso l’Islam, fino a Hubert (1997) – il quale propone un personaggio culturalmente evoluto, che esercita il suo potere in maniera affatto conforme agli altri sovrani del tempo – Tocco sottolinea la necessità di approfondire gli studi sul versante africano (trascurato e sottovalutato dalla storiografia sin ora edita) e sul ruolo che quest’importantissima area geografica avrebbe giocato all’interno del complesso e articolato progetto politico dell’Altavilla costantemente proiettato verso lo scacchiere mediterraneo.

Elisa Vermiglio, Ad fortunam et risicum maris et gentium. Scambi e commerci nel Quattrocento messinese, ci riporta nella città del Faro, presentando una popolazione cittadina che, attraverso il porto e antichi privilegi ad esso legati, ha saputo inserirsi nei grandi traffici economici del Mediterraneo e del Mare del Nord, producendo – in controtendenza con le teorie avanzate da Bresc – ricchezza e generale benessere rintracciabile attraverso l’analisi dei documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Messina.

A conclusione degli interventi, Vincenzo Fera ha onorato la figura dello storico messinese leggendo e commentando brani tratti da Storia Medievale. Insegnamento e Ricerca nella Facoltà di Lettere dell’Università di Messina nel secondo dopoguerra, che effettivamente risulta essere l’Ultimo scritto di Enrico Pispisa, indicato dal relatore quale testamento spirituale del medievista scomparso. In questo scritto, Pispisa ripercorre la lenta e difficile affermazione della scuola medievistica messinese, attraverso insigni studiosi e maestri quali Giacinto Romano, Gaetano Salvemini, Eugenio Dupré, Ruggero Moscati, Francesco Natale. Quest’ultimo, che fu maestro di Enrico Pispisa, si legò inoltre a Gianvito Resta e Lucio Gambi, assimilando e trasmettendo importanti linee di ricerca filologica e storiografica.

È spettato a Massimo Miglio trarre le Conclusioni di questa giornata, il cui incontro presuppone un lavoro che non si conclude, ma che – in riferimento alla ricerca di Pispisa - continua; ciò è emerso chiaramente proprio nella seduta pomeridiana, dedicata a quegli allievi che continuano con sensibilità diverse, le diverse percezioni storiografiche del medievista messinese.

Si concludono così i lavori della giornata in memoria di Enrico Pispisa; questi, come ha annunziato il Preside in chiusura, confluiranno in una miscellanea in memoria promossa dalla Facoltà.

Ferdinando Zamblera